sabato 12 marzo 2016

primavera dove sei?



stasera un mio amico mi ha detto che non possiamo imparanoiarci per le cazzate passandomi una poesia di William Ernest Henley che pure sul letto di morte non smetteva di scrivere e non smetteva di guardare a testa alta il mondo sputargli in bocca nonostante il dolore con la sua anima inconquistabile da qualsiasi agonia. e io mi dico ok, allora io sono proprio un insetto infimo se mi accartoccio per parole dette o per gesti che osservo nell'ombra quando ci sono dolori peggiori che non lo so che ce ne sono? ma allora perché angoscia ormai è mia sorella di sangue anzi è il mio sangue stesso e mi sento così inappagata di una vita che potenzialmente è bella è stupenda ma che io non riesco a rendere unica di cui non riesco a capire la strada ma a vederne solo le croci e a inginocchiarmici davanti una ad una pur piccole che siano ma che a me sembrano querce antiche e possenti e mi sovrastano con i loro rami che perdono per ultimi le foglie e quasi mai se ne disfano del tutto

lunedì 11 gennaio 2016

- Ogni anno è migliore del successivo -



Quei giorni in cui tocchi il fondo dell'igiene, in cui diventi la voragine di ogni cosa commestibile, straccio fagocitato dal divano, ratto di appartamento che vede solo la luce del computer e che poi piange nel suo angolo umido di pavimento, riscaldato a tratti da una vela bianca.
"Morto uno, ne arriva un altro" dice il ratto del gatto, "mi costringe a rintanarmi nella mia sporcizia, che non posso fare a meno di vomitare e accumulare, creandomi un familiare e letale giaciglio".
Riuscissi a contare tutti quei giorni accumulati tra le cicche di sigarette e le buste di patatine al formaggio, colma di quell'insicurezza che fa tremare interi continenti - brutta, sporca, invisibile, invisibile, inutile, insignificante, insignificante, tappeto, ammasso di adipe, inconcludente, ingenua, ingenua - e lascia perennemente in attesa. Mi sento di pietra, ogni movimento è come dover alzare la volta celeste, e il mio cuore si raffredda, come un lago senza fondo, le cui onde sono le lenzuola che ogni sera aspettano la tua ombra.