giovedì 21 giugno 2012

- Kala -


Tic-tac. Tic-tac. Tic-tac.
L'orologio della vita scorre minuti, giorni, anni.
Una frenesia senza fine, non ci fa capire quante siano le piccole gioie che ogni giorno ci si presentano.
Tic-tac. Tic-Tac. Tic-tac.
Era da tanto che non tornavo in Piazza San Marco.
Avevo dimenticato la bellezza dei suoi spazi, la perfezione della sua architettura, e la sicurezza donatami dalle sue mura senza tempo.
Mi ricordo quando il babbo mi ci portò, un giorno.
Era il mio compleanno. Era un giorno d'aprile.
Sentivo l'aria fresca che mi faceva venir la pelle d'oca, ma subito riscaldata dal sole splendente. 
Avevo un vestitino color acquamarina, un nastrino nero tra i capelli e delle scarpine lucidissime, fatte dal
mio povero nonno.
Il babbo mi fa: Kala, guarda. Guarda quanti piccioni. Perché non dai loro da mangiare? 
Dai, che poi ti porto sulla gondola e arriveremo fino il mare!
Mi ricordo ancora quanto bello fosse il babbo, giovane, con la sua barba rosso fuoco e le sue mani grandi ma gentili.
Ero un po' titubante nell'avvicinarmi a quella mandria di esseri svolazzanti, circondata da piume e occhietti vispi.
Ma il babbo mi mise in mano un pugno di grano, mi prese all'orchetta, e ridendo come un bimbo, mi portò lì in mezzo e ci mettemmo a girare per tutta la piazza.
Ridevo. Ossì, quanto ridevo. E urlavo!
Dicevo: babbo, babbo! Più veloce! i piccioni se ne vanno via!
Sembrava che il tempo si fosse fermato, che quel momento di gioco e amore sarebbe durato per sempre.
Il babbo ci lasciò qualche mese dopo. Una mina non segnalata ce lo strappò dal cuore.
La mamma non resse al dolore. Mi disse:
Piccola Kala, il babbo è solo. Necessita delle mie cure. 
La vidi prendere quel nefasto treno. E poi il nulla.
Ora che son madre anche io, del piccolo Manfredi, non potevo non portarlo a piazza San Marco.
Volevo che fosse felice come lo fui io quel giorno di tanti anni fa.
Anche lui, è un po' in disparte, spaventato dallo stormo di affamati esserini.
Io son tornata ad essere quella bimba dal vestito acquamarina, a stringere in pugno il grano dorato, stretta alle braccia del babbo.
Manfredi mi corre tra le braccia: Mamma, mamma! Voglio imparare a suonare la fisarmonica! 
Piccolo mio, tu potrai far tutto. E io ti sarò sempre accanto. Come le mura di questa piazza, sarò per te una fortezza.
Porta sempre con te i più piccoli ricordi, perché senza di essi, saremmo vuoti e non sapremmo quanto amore possiamo in realtà dare.

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